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La mostra "Le Foibe": due risposte

  • Immagine del redattore: Mauro Remondini
    Mauro Remondini
  • 14 feb
  • Tempo di lettura: 7 min

Abbiamo letto con interesse sia l’articolo di Fausto Renzi che la lettera di Marco Lanzoni riguardante la nostra mostra. Ciò significa  che ha suscitato curiosità e interesse a una narrazione delle Foibe diversa da quella che la destra, la destra radicale e i fascisti hanno preteso di averne il monopolio.

E questo l’abbiamo percepito con  le oltre 150 presenze (anche da fuori provincia), la vendita di oltre 30 cataloghi, i molti elogi. Si tenga presente che siamo un paese di appena diecimila abitanti e la mostra rimaneva  aperta al pubblico solo per quattro fine settimana.

Infine ma non ultimo  l’argomento trattato è  complesso in un contesto  di estrema violenza.

Come ANPI pensiamo che la mostra (ne abbiamo realizzate diverse quali  Le leggi razziali, Resistenza, Costituzione, Altiero Spinelli e l’Europa e altre che si possono consultare  nel nostro sito) sia uno strumento  di comunicazione efficace, didascalicamente percepibile e che si colloca fra la conferenza sempre utile, ma che può esaurire il suo interesse entro breve tempo  e il libro che richiede una lettura attenta  in uno scenario   in cui si legge sempre meno, secondo le statistiche. 

Nei vari pannelli sono collocati immagini che sono di facile lettura e il  testo è composto di frasi non eccessivamente lunghe ma che comunque debbono essere rigorosamente documentate e storicamente corrette e tutto ciò supportato da una grafica accattivante. In tal modo pensiamo  sia  fruibile e la lettura agevolata: se un visitatore lo ritiene  opportuno può tornare indietro, saltare un pannello, tornare un altro giorno come abbiamo verificato o acquistare il catalogo che la riproduce.   

 La mostra non è mai e non può essere esaustiva, completa che puntualizza tutti gli aspetti della vicenda come un libro o un saggio soprattutto se riguarda un argomento molto complesso come le Foibe che richiede un’attenzione forte e una ampia documentazione storica molto impegnativa.

Abbiamo sentito nella vulgata predominante molte volte liquidare la Giornata del Ricordo  con qualche decina di parole e sempre trascurando quello che è accaduto prima dell’8 settembre 1943. Questa mostra, come le altre,  ha come obbiettivo quello di lanciare un input, esprimere un punto di vista, non una verità assoluta, quindi uno stimolo al visitatore per un suo eventuale approfondimento.

Certo la mostra, appunto perché  non è un libro, né un saggio  può presentare assenza di alcuni aspetti, situazioni, approfondimenti  come ci ha segnalato Renzi, che ringraziamo. Come lo ringraziamo del prezioso documento del CLN giuliano del 1945.

 A  nostro avviso questi appunti però  riguardano la situazione dall’8 settembre 1943 in poi: noi invece pensiamo che quegli avvenimenti abbiamo la loro radice molto prima di quella data. Ecco perché questa parte occupa molto spazio (prima obiezione). A cominciare dalla violenza che gli uomini nella prima guerra mondiale hanno introitato e che sarà un elemento importante nell’ascesa del fascismo e della dittatura. La conseguenza è  che per oltre vent’anni opprimerà anche quelle popolazioni istriane e dalmate con carcere e  condanne a morte e produrrà un forte antifascismo.

A tutto questo dobbiamo aggiungere  la guerra scatenata da Hitler e Mussolini e l’invasione di quei territori con il suo carico di ulteriore violenza con uccisioni, stragi, stupri e campi di concentramento.

Da questo antifascismo, come in Italia, prenderà corpo poi la Resistenza, grazie ai partigiani.

Quasi sempre  si  descrivono i partigiani jugoslavi  dell’Istria  come uomini violenti  e carnefici e certamente  ci saranno stati episodi in cui si sono comportati così.   Ma allora chiediamoci perché c’erano i partigiani? Perché nel settembre  1943 c’era un forte  rancore contro quegli italiani non autoctoni catapultati dopo il 1919 dal fascismo a snazionalizzare e sfruttare quelle terre e a occupare i posti nell’amministrazione pubblica e privata, licenziando gli slavi?   Fino a questa a data  quelle popolazioni, composte da italiani, slavi, ungheresi tedeschi, convivevano senza alcun problema. Poi l’annessione dell’Italia, il fascismo e la guerra con la violenza dell’esercito italiano e l’inevitabile   nascere del movimento partigiano fatto di uomini che hanno subito e assistito ad atti di violenza disumana.  In scienza si chiama causa ed effetto e così anche per le azioni umane.

Noi abbiamo scritto che la violenza in Istria dopo l’8 settembre 1943 non è stata né improvvisa né imprevedibile. E certamente ha portato a degli eccessi. Ma tutto questo trova la sua radice nel vortice di violenza scaturito dai  fatti storici che prima abbiamo illustrato.

La mostra a nostro avviso non ha assolutamente edulcorato (seconda obiezione) quegli avvenimenti tragici delle foibe ma  ha cercato di immergerli  in un contesto storico e che  certo non si possono giustificare, ma capirli sì.

Quando per molti anni  si è propalata sulle foibe un’unica versione correlata di violenze inaudite su uomini, donne, bambini, si è parlato addirittura di Shoah (niente di più aberrante e offensivo per le stesse vittime delle leggi razziali fasciste e tedesche)  e di pulizia etnica di decine di migliaia di “infoibati”, se non di centinaia di migliaia basandosi non su documenti storici ma su racconti che non avevano alcun supporto storico consultabile  e verificabile oppure mai esistito (si veda a questo proposito il libro documentatissimo della storica e giornalista triestina  Claudia Cernigoi dal titolo “Operazione Foibe tra storia e mito”) allora diventa difficile accettare una visione basata su una documentazione storica seria e attendibile.

Non ci stupisce il termine edulcorato perché secondo noi dietro c’è un retro pensiero: l’ANPI è stata costituita dai partigiani quindi non può parlare male di quelli jugoslavi. Vorrei qui ricordare che l’ANPI nazionale ha organizzato diversi convegni di cui l’ultimo è del 4 febbraio 2020 dove  non si nasconde assolutamente la gravità delle foibe ma il dramma viene contestualizzato.  Da questa critica  all’accusa  di “negazionismo” ci manca poco, ma non è il caso di Renzi.  

Tra l’altro ho  consultato diversi testi tra cui uno che ci ha dato due forti garanzie di serietà: la prima è quella di Eric Gobetti studioso del fascismo, della seconda guerra mondiale e della storia della Jugoslavia nel Novecento il cui libro “E allora le foibe?” è stato edito da una ottima   casa editrice, la Laterza (la seconda garanzia). Questo storico, accusato di “negazionismo”,  è stato minacciato più volte di morte e continuamente gli viene negata una sala  da sindaci leghisti e di Fratelli d’Italia per parlare di Foibe. E quando ci  riesce lo fa con i carabinieri alla porta.

Forse a qualcuno, ma non è il caso di Renzi, sarebbe piaciuto che avessimo condiviso una visione aberrante e propagandista che permea per esempio tutto il film “Rosso d’Istria” dove i nazisti sono i buoni che dopo avere massacrato 2500 istriani tra cui molti italiani corrono in aiuto ai fascisti italiani per liberarli dalle grinfie dei partigiani jugoslavi comunisti assetati di sangue che li gettano poi nelle foibe.  Questa visione di pura propaganda non ci appartiene. Purtroppo è stato trasmesso dalla RAI.

In chiusura del suo intervento Renzi ci critica per quell’ultimo pannello in cui abbiamo riprodotto  due documenti: l’uno con l’articolo del Corriere della Sera in cui Mussolini ordinava di onorare “i 471 Caduti nelle “foibe” dell’Istria e della Dalmazia vittime del comunismo partigiano” il 30 gennaio 1944. Cioè in pratica una Giornata del ricordo. L’altro è quello del governo Berlusconi del 2004 che esattamente 60 anni dopo  sancisce per legge che il 10 febbraio sia “Il giorno del Ricordo”.

Non è d’accordo sull’accostamento  dei due avvenimenti perché il secondo è stato approvato quasi all’unanimità dal parlamento mentre il primo è stato deciso da una dittatura fascista. È vero. Però sono due documenti storici inconfutabili che si possono leggere certamente con le differenze  che Renzi suggeriva. Ma non si possono trascurare. Ognuno poi ne trarrà le conclusioni che crede.

Vorrei precisare che questa data, così vicina alla Giornata della Memoria (27 gennaio),  è stata voluta dalla destra che in un certo qual modo potesse equilibrare l’orrore della Shoah e dei genocidi dei campi di sterminio tedeschi a cui hanno partecipato anche i fascisti. Non a caso Salvini (Lega) alla commemorazione alla Foiba di Basovizza quando era ministro dell’interno parlò senza alcun pudore di “Shoah italiana”. Un enorme falso storico perché i due eventi sono imparagonabili: in uno c’era la volontà  di sterminare gli ebrei, nell’altro c’era una volontà di colpire i fascisti, i nazisti e i collaborazionisti. Non parliamo poi dei numeri.

Infine vorrei ricordare che ci furono anche malumori nella sinistra verso quella legge tanto che alcuni votarono contro (tra cui il Presidente nazionale ANPI, Pagliarulo) perché così com’era concepita sarebbe stata strumentalizzata dalla destra. Come infatti è avvenuto.

Con simpatia ricambio i saluti antifascisti di  Renzi e lo ringrazio  per avermi dato la possibilità di integrare e spiegare ulteriormente  la mostra. Resto  in attesa di visionare una sua eventuale mostra sulle Foibe.

 

Infine la lettera di Marco Lanzoni che ringrazio per le parole di stima.

Il tema che solleva è ormai un mantra: il ritardo della sinistra nella condanna delle foibe. C’è del vero, ma solo in parte. Altri, a mio avviso, hanno   avuto maggiori responsabilità nel ritardo.

Tutti i governi che si sono succeduti nei cinquant’anni del dopoguerra retti da Democrazia Cristiana, Partito Repubblicano, Socialdemocratico e Socialista e Liberale (il PCI sempre all’opposizione)  hanno avuto ottimi rapporti (diplomatici, politici, economici ecc.) con la Jugoslavia del comunista Tito e mai hanno sollevato la questione delle Foibe: loro per primi avrebbero dovuto porre la questione in quanto rappresentanti ufficiali dell’Italia.

Ebbene questo non è stato fatto forse per una ragione di geopolitica: Tito nel 1948 si era sganciato dall’URSS di Stalin e aveva abbracciato la linea politica dei cosiddetti “non allineati” praticamente  neutrali rispetto ai due blocchi. Quindi il blocco del patto di Varsavia non era a ridosso  dei nostri confini orientali  e ciò faceva comodo all’Italia. Di qui i buoni rapporti con Tito che nascondeva però  un tacito patto: tu Tito non fai richiesta di estradizione dei 45 criminali di guerra italiani (militari e civili) e noi non solleviamo problemi di confine e sulle tragedie come le Foibe.

Però di questo non se ne parla mai; è  più comodo prendersela con la sinistra che pure è stata a ruota di questa vicenda. C’è da ricordare come uno di quei  governi sia stato protagonista anche del cosiddetto “armadio della vergogna” (scovato nel 1996) dove sono stati tenuti nascosti centinaia di fascicoli riguardanti gli eccidi perpetrati dai nazisti durante la guerra.  Anche quest’azione è da annoverare in un cinico calcolo di geopolitica.

Vorrei far presente  infine  che a tutt’oggi la destra, per non parlare di quella radicale e neofascista, non riconosce il 25 aprile (festa della Liberazione dai nazifascisti) con i suoi 30.000 partigiani caduti e le 23.662  vittime inermi uccise nelle 5.226  stragi perpetrate in Italia dai fascisti e dai nazisti (più di quattro volte quelle delle Foibe). Ma nessuno  o quasi rimprovera a questi signori i ritardi nel riconoscere e condannare queste tragedie. Le vittime per qualcuno e soprattutto per la propaganda non sono tutte uguali, evidentemente.


Marzo 2022

Mauro Remondini

Presidente ANPI

 
 
 

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