Salviamo e rilanciamo il museo della frutticoltura di Massa Lombarda
- Mauro Remondini
- 19 nov 2022
- Tempo di lettura: 7 min
Aggiornamento: 25 gen 2023
Una parte importante della nostra storia
Massa Lombarda, come si sa o meglio come si dovrebbe sapere, è stata la culla della frutticoltura industriale. Da qui, dal nostro territorio è cominciato con la “rivoluzione della frutticoltura” il riscatto delle campagne non solo locali ma nazionali.
Non per nulla Massa Lombarda nel settembre 1927 fu sede della 2a Esposizione nazionale di frutticoltura poiché, come disse il sottosegretario all’agricoltura che venne ad inaugurarla, la prima ebbe sede a Trento soprattutto per motivi patriottici dato il ritorno della città all’Italia grazie alla vittoria sull’Austria nella guerra 1915-18.
Nel 1932 alla 3a Esposizione nazionale di frutticoltura di Roma alla nostra città furono assegnate due onorificenze “fuori concorso” (cioè Massa Lombarda aveva sbaragliato tutti i concorrenti nazionali!): il “Gran Diploma d’Onore” e la “Medaglia d’Oro di Merito Speciale” con questa motivazione:
“Per aver instaurato una civiltà produttiva intensa, dinamica, aristocratica, su terreno redento dalle infermità delle paludi; armonizzando ai fini superiori del prestigio e della valorizzazione della frutticoltura italiana le attitudini feconde del territorio, il genio preveggente dei pionieri, l’operosità disciplinata delle maestranze e la intelligenza dei capi e dei nuovi ceti rurali”.
Il merito di tutto questo va attribuito prima agli agricoltori Gianstefani che nella seconda metà dell’ottocento iniziarono a coltivare il frutto della Pesca (contro tutte le teorie che tale frutto, originario della Cina, qui da noi non avrebbe mai attecchito) e dopo diversi incroci riuscirono a produrre una pesca nuova che chiamarono Buco Incavato e il cui raccolto, trasportato a Bologna, era esportato in gran parte in Austria e Germania.
Poi ad Adolfo Bonvicini, uno degli agrari più ricchi e lungimiranti di Massa Lombarda, che capì le grandi potenzialità della frutticoltura intensiva e nel 1903 fece mettere a dimora oltre 3.000 peschi di Buco Incavato in alcuni suoi poderi.
Da questa data parte, dopo un’iniziale sottovalutazione se non opposizione da parte degli altri agrari di Massa Lombarda, l’avventura della frutticoltura industriale che, puntando soprattutto all’esportazione, porterà benessere nella campagna, riscattandola da secoli di miseria e di riflesso in tutta la nostra città. (Vedi Mauro Remondini – Dai Borghesi illuminati al primo sindaco socialista – Massa Lombarda 1860-1918)
Ora questa bella pagina di storia economica, ma anche culturale, scritta da una famiglia di borghesi illuminati quale fu quella dei Bonvicini, l’amministrazione comunale, su mia proposta, nella seconda metà degli anni ’70 del 1900 volle celebrarla a ricordo imperituro per le nuove generazioni, progettando, con l’aiuto di esperti, un museo.
Fu individuata e acquistata da parte del Comune una vecchia casa colonica di via Amendola che ristrutturata dall’architetto Ettore Panighi sarebbe stata la sede del museo, fu costituito un Comitato scientifico (Prof. Silvio Franzoni, esperto di museografia, prof. Fiorenzo Landi, docente di storia dell’agricoltura presso l’Università d Bologna e Sergio Nardi, esperto di storia del movimento contadino e operaio ravennate).
Infine, dopo avere trovato i finanziamenti necessari per il suo allestimento e l’individuazione del materiale da esporre grazie alla donazioni di agricoltori e cittadini, il progetto lo esposi nel Consiglio Comunale del 21 maggio 1979 dove venne discusso ed approvato all’unanimità (per maggiori dettagli vedi Mauro Remondini – 1945-1980 – Cronaca di vita massese nei 35 anni del Comune democratico pag.203).
Fu inaugurato nel 1983 con il nome di Centro di documentazione sulla storia dell’Agricoltura e della Frutticoltura “Adolfo Bonvicini”.
Fino alla fine degli anni ’80 il museo ha vissuto momenti importanti con visite guidate, aperture settimanali, visite delle scuole, conferenze, dibattiti nella sala al primo piano e presentazioni di libri di poesie dialettali con recita delle stesse ecc..
Purtroppo fu deturpato da un atto vandalico notturno che incendiò il capanno di canne (caratteristico delle nostre campagne) ubicato all’aperto nelle vicinanze della struttura incenerendolo assieme al carro agricolo e agli attrezzi in esso contenuti.
Nell’estate 1988 la Consulta Culturale del Comune propose di trasferire la rassegna cinematografica estiva da piazza Matteotti allo spazio aperto del museo, esattamente dove è collocata tuttora.
Lo scopo della proiezione di film di qualità fu legato a quello di una visita al museo agevolata da un’apertura molto anticipata della “sala”. Rispetto a ora la differenza sta nel fatto che la macchina da proiezione era posta all’esterno e quindi il museo era fruibile, mentre adesso è trasformato in cabina di proiezione, spostando di pannelli, fotografie, oggetti rendendolo quindi non agibile alle visite.
Una certa valorizzazione si ebbe alla fine degli anni ’90 e per alcuni anni grazie alla decisione della Pro Loco di organizzare la Sagra delle Sfogline negli spazi aperti con il museo aperto alle visite guidate: insomma era un‘ottima combinazione di tradizione gastronomica e valorizzazione della storia del territorio.
Poi altre logiche prevalsero e le Sfogline furono spostate all’Area feste perdendo a mio avviso quella parte culturale che arricchiva e caratterizzava la sagra di Massa Lombarda (in regione ci sono altre sagre delle sfogline).
Una bella iniziativa ma unica, fu la “Giornata per la valorizzazione della Pesca Nettarina di Romagna” organizzata dalla CIA provinciale (Confederazione Italiana Agricoltori presieduta allora da Alberto Asioli e con il patrocinio dell’Amministrazione Comunale) l’11 luglio 2004. Furono organizzati stand negli spazi esterni, mostre, visite guidate al museo, riprese di una televisione locale non solo del percorso del museo ma anche dei piatti gastronomici a base di pesca preparati dal ristoratore più famoso di Massa Lombarda: Tino Baroncini (“TINO”).
Nel 2013 si svolse la festa del volontariato con il museo quasi inagibile con l’entrata trasformata in magazzino, poi anche questa fu spostata altrove.
Ancora nel tempo si sono organizzate piccole manifestazioni ma sempre a intervalli di anni e in modo sporadico senza una continuità.
E così dicasi per le visite scolastiche: occorrerebbe elaborare un progetto con un percorso didattico che faccia perno sulla conoscenza della storia in cui la parte economica come la frutticoltura ha avuto ed ha un ruolo importante nella vita del nostro paese.
Da alcuni anni alla fine di agosto si svolge la festa della pesca “Buco Incavato”: lodevole iniziativa del Centro Ricerche Produzioni Vegetali (CRPV) e dell’amministrazione comunale.
La manifestazione si svolge in piazza Matteotti. Fin dal suo esordio feci presente agli organizzatori che la sede naturale sarebbe stata l’area del Museo della Frutticoltura. Vox clamans in deserto. Quest’anno è stato proposto al Comune di spostare la manifestazione in sinergia con l’Associazione per Massa Lombarda che voleva organizzare dentro il museo una conferenza in occasione dei 100 anni dalla morte di Adolfo Bonvicini. Risposta negativa.
Scrivo queste righe con un grande “magone” (passatemi il termine) poiché vedo anno dopo anno il suo deperire, il suo degrado (si guardi le immagini).



Già all’amministrazione della passata legislatura chiesi più attenzione verso la nostra storia, verso il nostro nobile passato sollecitandola almeno a restaurare e imbiancare l’esterno per conferirgli un aspetto decoroso visto che si tratta pur sempre di un edificio pubblico.
Mi chiedo: se un qualche ospite anche di una certa importanza (rappresentanti di città gemellate, autorità, rappresentanti regionali ecc.) dove li porti per far loro comprendere cos’è e cosa è stato questo nostro paese se non al Museo della Frutticoltura. Ma sinceramente credo che non ci si farebbe una gran figura qualora si decida di farvi una visita.
Dalla nuova amministrazione (2014) ebbi qualche promessa, anche dal sindaco se pur vaga; nel 2015 un assessore mi disse che i soldi erano pochi e prima c’erano le scuole: non si poteva che essere d’accordo. Poi scopro che nel 2016 è stato imbiancato il Bocciodromo.
A un altro assessore, che tra l’altro mi aveva chiesto di pazientare un anno (eravamo alla fine del 2014), chiedo perché il Bocciodromo e non il Museo? Risposta: a settembre si farà l’imbiancatura anche del museo. A settembre nulla, né a ottobre né a novembre ….
Insomma una presa in giro!
Il problema però non è solo l’imbiancatura e il restauro esterno, ma una rivitalizzazione di tutta l’area espositiva: insomma bisognerebbe vedere a distanza di oltre trenta’anni dalla sua inaugurazione se il criterio espositivo è ancora valido, se gli oggetti hanno bisogno di manutenzione ecc. .
A questo proposito vorrei raccontare un episodio triste e deprimente: una domenica mattina del mese di ottobre 2016 è parcheggiato (finalmente) un pullman che porta visitatori dal ferrarese al museo. Transitando a piedi quasi quotidianamente nel viale di Via Amendola quel mattino sento casualmente due visitatori che uscendo dal museo così commentano la visita ad alta voce: C’è un puzzo di muffa che non ci si sta! Testuali parole, ma dette in dialetto hanno ancora più forza deprimente.
Abbiamo una struttura culturale che racconta una storia unica in Italia nel suo genere e irripetibile (per esempio anche a Torino esiste un Museo della Frutticoltura che ho visitato ma si tratta di stanze piene di scaffali con riproduzione in cera dei vari tipi di frutta eseguite se ben ricordo alla fine dell’800 e poco altro) e quindi nessuno può toglierci questo capolavoro di tecnica, di passione di intelligenza che ha coinvolto tutto un paese e che dobbiamo valorizzare appieno.
Ho sempre pensato che conoscenza e attenzione alla storia della propria città sia uno dei modi migliori non solo per governarla ma anche per favorire la coesione di una comunità. Comunità che si riconosce in una storia passata condivisa, ricca di avvenimenti importanti, di lotte per il progresso e la libertà, di momenti tragici e lieti che nella loro rivisitazione storica non puramente celebrativa, se pur necessaria, cerca la strada per un ricordo che possa trasformarsi in conoscenza, riflessione, esempio e stimolo per il presente e per il futuro.
La memoria ha molti nemici: il passare del tempo, l’oblio, l’indifferenza.
La memoria può vincerli solo se diviene “attiva” cioè punta sulla piena conoscenza dei fatti, sulla verità storica e sulla riflessione.
In tal modo la memoria diventa un valore in sé e tutto ciò che contribuisce al suo mantenimento in vita apporta non solo un arricchimento alla conoscenza ma anche benessere a chi ha la voglia di scoprirla.
Faccio perciò appello all’amministrazione comunale, alle associazioni che in primis si occupano della valorizzazione del territorio, ai cittadini più coscienti di attivarsi affinché il nostro museo torni a essere un punto di eccellenza nel panorama culturale-storico-economico della nostra Regione e forse anche oltre.
Mauro Remondini
Ideatore e promotore del Museo della Frutticoltura
Assessore alla cultura e alla pubblica istruzione 1970-80 e 85-90

situazione a gennaio 2023.
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